L’importanza delle lingue

La glottodidattica moderna è una scienza autonoma che si avvale dei risultati ottenuti da ricerche condotte in altri ambiti, quali la psicolinguistica, la neurolinguistica e la psicologia. In anni più recenti, la glottodidattica ha sfruttato proprio i risultati di queste ricerche, definendo, in modo sperimentale, quali siano i fattori in grado di influenzare il processo di apprendimento linguistico.

Pertanto la formazione di una società complessa ha determinato la necessità di figure lavorative nuove, in continua evoluzione, soggette ad una costante rivalutazione e riqualificazione professionale. Il modello sociale verso cui ci si sta muovendo e verso cui si è spinti, è dunque quello di una “società che apprende”, dove ciascuno è chiamato, incoraggiato, talvolta anche costretto, ad apprendere lungo tutto l’arco della vita.

OCCUPAZIONE, DISOCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO A LIVELLO GLOBALE

Un ruolo centrale nella riqualificazione e rivalutazione professionale è rivestito dalla conoscenza delle lingue straniere, stando sia al plurilinguismo promosso dall’Unione Europea, sia alla necessità di mediazione linguistica e culturale, dovute ai fenomeni migratori che negli ultimi anni hanno interessato l’Europa, ed in particolare l’Italia.

Proprio in questo contesto nasce la figura dello studente adulto, pertanto si creano nuove strategie e metodologie per l’insegnamento delle lingue straniere, ad allievi che sono già inseriti nel mondo del lavoro.

Le lingue straniere costituiscono oggi l’oggetto d’interesse non solo individuale, ma anche da parte delle istituzioni internazionali, tra cui l’Unione Europea.

In una delle più recenti risoluzioni del Parlamento europeo sulla promozione del multilinguismo e dell’apprendimento delle lingue native si riconosce l’importanza di saper comunicare in lingue diverse da quella materna nello sviluppo del potenziale umano, sia nell’ambito professionale che socio-culturale.

 

Il metodo della lettura

Il metodo della lettura assunse un ruolo considerevole durante gli anni venti e divenne il metodo più usato nelle università americane per l’insegnamento delle lingue. Infatti si pensava che gli studenti avessero poco tempo a disposizione per imparare le quattro abilità linguistiche principali, quali ascoltare, parlare, leggere e scrivere e che l’unico obiettivo possibile da raggiungere in un corso di lingue fosse l’abilità di leggere la lingua straniera. Questo metodo si caratterizza per essere focalizzato unicamente sullo sviluppo dell’abilità della lettura; in questo metodo viene insegnata solo la grammatica necessaria alla comprensione di testi di lettura.

difficolta-di-letturaInizialmente il lessico utilizzato è molto limitato e viene gradualmente ampliato; per verificare la corretta comprensione del testo scritto si utilizza la traduzione. Il docente, il quale ha il compito di guidare lo studente nella lettura, nell’interpretazione e nella traduzione dei testi, non deve avere necessariamente una buona competenza della lingua straniera a livello orale, in quanto l’insegnamento avviene nella lingua madre degli studenti.

Tale metodo dava maggiore importanza alla lingua scritta piuttosto che alla comunicazione orale, in quanto l’obiettivo primario del metodo della lettura era insegnare a leggere i testi letterari.

Alcuni degli aspetti fondamentali di questo metodo sono:

  • l’insegnamento della grammatica era strutturato in modo da facilitare l’interpretazione della lettura in questione, mentre la spiegazione della grammatica era strutturata in base ad un’analisi scientifica della lingua oggetto;
  • l’insegnamento del lessico e del vocabolario avveniva in maniera simile;
  • la traduzione tornò ad essere la tecnica considerata più idonea ed adeguata per la comprensione della lingua scritta;
  • si insisteva su una pronuncia corretta, considerata fondamentale per la comprensione della lingua straniera.

La teoria delle Intelligenze Multiple

Howard Gardner, noto ricercatore di Harvard, insoddisfatto dalla concezione dell’intelligenza come funzione quantificabile, presente in una misura ben definita fin dalla nascita e misurabile e riconducibile ad un singolo numero, ovvero ad un punteggio “IQ”, ha dimostrato che la mente è formata da un certo numero di fattori relativamente indipendenti.

A partire da ricerche su bambini dotati in una o più forme di arte e su adulti colpiti da ictus che avevano compromesso capacità specifiche lasciandone intatte delle altre, ha cercato e trovato una definizione migliore di intelligenza umana, intesa come capacità di analisi, calcolo, comprensione dei nessi causa-effetto. A partire da più ampi criteri di osservazione e di misurazione dell’intelligenza, nel 1983 Gardner arriva a una sua definizione più ricca e complessa che include le sette abilità; da qui prende il nome la teoria delle Intelligenze Multiple, di cui nei parla in “Frames of mind” pubblicato nel 1983.

diagramma2 Le intelligenze diventano così sette:

  • linguistica;
  • logico-matematica;
  • musicale;
  • spaziale (o visiva);
  • cinestesica (come quella di atleti, danzatori e altre persone che compiono esercizi fisici),
  • interpersonale (l’abilità di interpretare gli umori, le motivazioni e gli stati mentali degli altri) ed è alla base dell’intelligenza emotiva;
  • intrapersonale (l’abilità di essere consapevoli dei propri sentimenti e di saperli esprimere senza da questi farsi prendere la mano), anch’essa alla base dell’intelligenza emotiva.

Dopo aver recentemente incluso anche quella naturalistica (ossia l’abilità nella classificazione di oggetti naturali e la sensibilità nei confronti delle problematiche ambientali), Gardner ne sta prendendo in considerazione una nona, ovvero l’intelligenza esistenziale, relativa alla tendenza umana di riflettere sulle questioni fondamentali che riguardano l’esistenza, la vita e la morte.

Con la sua Teoria delle Intelligenze Multiple, Howard Gardner conferisce una maggiore importanza a tutti i diversi aspetti dell’essere umano.  Tutte le intelligenze sono strettamente connesse tra di loro e interagiscono in modo molto complesso. Un esempio molto semplice e significativo lo possiamo trovare nella vita di tutti i giorni quando si prepara un dolce; ciò mette in moto e in relazione più di una delle nostre intelligenze: leggere la ricetta (intelligenza verbale); calcolare gli ingredienti necessari (intelligenza matematica); tenere conto dei gusti personali (intelligenza intrapersonale) e di quelli altrui (intelligenza interpersonale).

 intelligenze-multiple

La Rule of forgetting

Una delle caratteristiche più interessanti delle attività ludiche in una classe di lingua è l’attivazione della cosiddetta Rule of Forgetting, secondo la quale una persona acquisisce meglio una lingua quando si dimentica che la sta imparando. Infatti lo studente mentre gioca concentra la sua attenzione proprio su questo, usando la lingua come mezzo per raggiungere i suoi scopi e per portarlo a termine. Questo suo concentrarsi sull’aspetto operativo dell’attività ludica lo distrae dai contenuti linguistici del compito e gli fa dimenticare che sta imparando la lingua. In questo modo si abbassano i livelli di ansia dello studente, ovvero si abbassa il filtro affettivo, e di conseguenza si creano le condizioni favorevoli per un’acquisizione duratura e non solo di un apprendimento momentaneo.

download (5)

L’insegnante che sceglie di fare della glottodidattica ludica una metodologia di riferimento opera in sintonia con i principi di diversi approcci glottodidattici che analizzano i processi di apprendimento-insegnamento di una lingua. Uno tra questi è l’approccio umanistico-affettivo che si è sviluppato intorno agli anni ottanta del secolo scorso e che si rifà alla psicologia umanistica di Carl Rogers. Le caratteristiche affettive e della personalità del discente, insieme ai suoi aspetti cognitivi, influiscono in maniera molto determinante sui processi di apprendimento. Sottoposto a situazioni che creano stress e ansia, il cervello innalza il filtro affettivo, ovvero una sorta di barriera che non permette l’acquisizione duratura ma soltanto l’apprendimento momentaneo. È necessario, pertanto, creare percorsi didattici che siano in grado di ridurre e di eliminare le resistenze psico-affettive dell’apprendente. Il gioco e ogni tipo di attività ludica sono la risposta per la realizzazione di tale scopo: giocare minimizza i livelli di ansia creando così le condizioni favorevoli perché lo studente apprenda.

Grazie proprio alla cosiddetta Rule of Forgetting (Krashen, 1983), l’allievo, mentre gioca, dimentica che sta studiando e impara. Partecipare ad un’attività ludica distrae dai contenuti strettamente linguistici del compito poiché l’attenzione si concentra sull’obiettivo immediato del gioco e sulla sua dinamica.

La glottodidattica ludica

La glottodidattica ludica, ovvero l’insegnamento della lingua attraverso tecniche e attività ludiche, è una metodologia che negli ultimi anni sta guadagnando sempre più interesse. Quando si parla di glottodidattica ludica non bisogna pensare ad un docente che fa fare solamente dei giochi in classe; con questo termine si intende invece una metodologia che propone qualsiasi tipo di attività legata alla didattica in forma giocosa, a partire dalla grammatica alla fonetica, dalla stesura dei testi alla competenza comunicativa, al fine di rendere lo studente il protagonista del proprio processo formativo. Dunque è una metodologia che realizza, in tecniche glottodidattiche, i principi fondanti degli approcci umanistico affettivi e comunicativi.

bambino scuola L’insegnante che adotta una glottodidattica ludica:

  • promuove, tramite la ludicità, lo sviluppo globale dell’allievo. Egli mira a creare un ambiente di apprendimento, caratterizzato da calma e serenità, in cui l’allievo possa trovarsi al centro del processo d’insegnamento e di apprendimento;
  • utilizza il gioco come modalità strategica per il raggiungimento di determinate abilità linguistiche; attraverso il gioco, infatti, si assumono e rielaborano i dati della realtà, espandendo la conoscenza in reti concettuali sempre più complesse, in un continuum dinamico nel quale l’allievo è costantemente motivato nel suo percorso formativo;
  • propone, in forma ludica, ogni attività con lo scopo di attenuare ogni sorta di difficoltà e di resistenza di ordine psicologico, consentendo così allo studente di affrontare con tranquillità lo studio della lingua.

Pertanto, i modelli operativi della strategia ludica si basano sui principi dell’approccio umanistico-affettivo e di quello comunicativo. I punti di partenza di entrambe gli approcci sono: l’attenzione ai bisogni comunicativi e affettivi dello studente, il coinvolgimento dello stesso nel processo didattico, l’importanza dell’interazione tra gli allievi e l’interesse per la componente sociale della comunicazione.

bambini-lingue

L’uso della ludicità nella didattica costituisce un fattore utile a generare e mantenere la motivazione, nella quale lo studente prova curiosità, desiderio e piacere nell’imparare.

Attraverso la realizzazione dei fondamenti della glottodidattica ludica, si cerca anche di diminuire anche lo stress e l’ansia, che costituiscono la parte del filtro affettivo, termine che  è stato introdotto da Krashen ed indica una serie di barriere psicologiche, che rendono più difficile il processo di acquisizione e di apprendimento di una lingua straniera e

che possono essere diminuite o abolite tramite l’eliminazione dello stress degli studenti. I giochi, infatti, aiutano proprio a creare delle situazioni nelle quali lo studente si sente a proprio agio ed è sicuro di non essere sottoposto al rischio di giudizi negativi da parte dei suoi compagni. La diminuzione del filtro affettivo contribuisce pertanto ad un migliore apprendimento linguistico.

Il docente che applica una metodologia ludica dovrà considerare:

  • il ruolo centrale della motivazione e dei bisogni comunicativi ed affettivi dello studente;
  • le conseguenza che paura, ansia, insuccesso potrebbero avere sul processo di apprendimento linguistico delle studente; infatti tale stress potrebbe portare all’innalzamento delle barriere psicologiche, che Krashen definisce filtro affettivo;
  • i diversi stili, modalità e ritmi di apprendimento che potrebbero dipendere anche dai filtri affettivi;
  • le esperienza personali di vita dello studente che potrebbero influenzare l’apprendimento.

Il metodo comunicativo

Con il termine metodo comunicativo si fa riferimento ad un ampio approccio piuttosto che ad una metodologia di insegnamento specifica. Il metodo comunicativo mira a fornire una competenza comunicativa, piuttosto che una competenza linguistica.

Il metodo di insegnamento comunicativo è la conseguenza naturale delle reazioni, che risalgono agli anni ’70, nei confronti dei metodi precedenti, che erano focalizzati sull’insegnamento delle strutture grammaticali e di frasi modello e che attribuivano poca importanza all’utilizzo pratico della lingua. L’approccio comunicativo enfatizza la capacità di comunicare il messaggio in base al suo significato, invece che concentrarsi esclusivamente sulla perfezione grammaticale o sulla fonetica. Pertanto, la comprensione della seconda lingua viene valutata in base allo sviluppo da parte degli studenti delle proprie competenze e capacità comunicative.

L’utilizzo della lingua è importante quanto l’effettivo apprendimento della stessa. Il metodo comunicativo di insegnamento delle lingue si distingue dai metodi precedenti per diverse caratteristiche:

  • la comprensione avviene attraverso l’interazione attiva degli studenti nella lingua straniera;
  • l’insegnamento avviene attraverso l’uso di testi in lingua originale;
  • gli studenti imparano la seconda lingua ma allo stesso tempo apprendono anche le strategie per la comprensione;
  • viene attribuita una certa importanza alle situazioni e alle esperienze personali degli studenti, che sono quindi considerate un prezioso contributo al contenuto delle lezioni;
  • l’utilizzo della lingua straniera in contesti improvvisati crea opportunità di apprendimento al di fuori della classe.

 Si incoraggia l’individualità ma anche la collaborazione, in quanto entrambe aiutano ad acquisire una maggiore sicurezza di fronte ad una lingua straniera.

 

L’interazione strategica

Nel 1987 il linguista italo-americano Robert Di Pietro propose un approccio che egli chiamò interazione strategica. Secondo Di Pietro erano gli studenti stessi che dovevano creare e determinare le componenti comunicative e linguistiche da inserire in uno “scenario” suggerito dall’insegnante.

Questo avviene tramite quattro fasi:

  1. in una prima fase preparativa, l’insegnante crea uno scenario appropriato, preparando delle schede su cui vengono descritte le sue componenti sotto forma di un problema comunicativo-strategico da risolvere;
  2. gli studenti formano poi dei gruppi in base ad una scheda e al suo contenuto; durante questa seconda fase, l’insegnante fornisce modelli di lingua;
  3. gli studenti di ciascun gruppo dovranno recitare i loro ruoli davanti al resto della classe;
  4. nella fase finale verranno discussi i vocaboli, le strutture grammaticali, le strategie comunicative usate. Solo in quest’ultima fase subentra l’insegnante a discutere e ad insegnare la grammatica e il vocabolario usato dagli studenti.

L’interazione, infatti, non può essere considerata un semplice scambio di informazioni, in quanto rimanda alla realizzazione di specifici obiettivi tramite strategie comunicative diverse.

Da ciò deriva la scelta del nome interazione strategica: “interazione” poiché l’insegnamento avviene in particolari contesti, chiamati sceneggiature, le quali implicano l’interazione fra più persone; “strategica” in quanto tale interazione ha l’obiettivo di far risolvere una situazione difficile utilizzando in modo strategico la lingua straniera in questione.  Poiché la comunicazione è orientata al raggiungimento di un obiettivo e la lingua è lo strumento utilizzato per raggiungerlo, anche in classe è necessario, secondo Di Pietro, riproporre la complessità dello scambio comunicativo reale.

L’interesse per le lingue vive

Inizialmente la prassi di insegnare le lingue con l’approccio grammaticale classico non era considerato il più idoneo e adeguato per l’insegnamento delle lingue volgari, e cioè delle lingua parlate dal vulgus, dal popolo comune. Infatti nel Medioevo e nel primo Rinascimento il latino era considerato fondamentale per acquisire ed insegnare ogni ramo del sapere, anche se non veniva utilizzato per la comunicazione quotidiana. Pian piano che le lingue volgari vennero considerate lingue nazionali e letterarie, specialmente durante il Rinascimento, queste andarono a sostituire il latino. Alla fine del XVIII secolo si ebbe la necessità di saper leggere e scrivere in altre lingue, per cui ci manifestò il bisogno di conoscere le lingue “vive”.

foreign-languages

Lo studio delle lingue straniere ebbe origine nel momento in cui vi fu la necessità di interagire economicamente e commercialmente con altre società; nella seconda metà del Settecento, in seguito alla Rivoluzione francese, dalla quale ne conseguì un incremento nelle relazioni commerciali internazionali, lo studio delle lingue moderne entrò a far parte del programma scolastico in tutta l’Europa.

Il metodo della risposta fisica totale

Questo metodo è stato ideato all’inizio degli anni Sessanta dallo psicologo James Asher, il quale studiò lo sviluppo linguistico nei bambini e, basandosi sulle sue ricerche, si interessò anche all’apprendimento delle seconde lingue. Asher considera l’acquisizione della L2 un processo identico a quello della L1, perciò egli sostiene che la didattica raggiungerà efficacemente i suoi obiettivi solo se permetterà al discente di partecipare fisicamente all’atto apprenditivo; ci sarà dunque un coinvolgimento totale, psichico e fisico da parte dello studente durante l’apprendimento linguistico.

Asher, il creatore della risposta fisica totale o TPR, afferma che questo strumento di insegnamento della lingua crea esperienze autentiche o “credibili” per lo studente per l’apprendimento delle lingue. Propone inoltre di insegnare la L2 esponendo lo studente ad un input linguistico costituito da comandi, ai quali deve rispondere fisicamente e con comportamenti non verbali; quindi il professore presenta agli studenti il vocabolario e le strutture grammaticali in un contesto di comandi e di azioni.

0310_0101_03

Questo metodo attribuisce grande importanza all’ascolto, imitando ciò che avviene nelle fasi iniziali dell’acquisizione della propria lingua madre, per poi passare al parlare, al leggere e allo scrivere. Gli studenti mostrano la loro comprensione tramite la risposta ad alcune istruzioni da parte dell’insegnante; queste attività hanno lo scopo di divertire gli studenti, ma allo stesso tempo devono permettere agli stessi di assumere un ruolo attivo nell’apprendimento della lingua.

L’obiettivo principale di questo metodo è quello di far vivere agli studenti una piacevole esperienza di apprendimento, riducendo al minimo lo stress associato all’apprendimento linguistico rendendolo il più gioioso possibile e minimizzando le esperienze inibitorie di un insegnamento troppo astratto e formalistico che, secondo Asher, finiscono per impedire l’autorealizzazione del discente.

Un metodo innovativo: il glottodrama

Negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo metodo di insegnamento linguistico in base ad un approccio glottodidattico di tipo comunicativo con orientamento umanistico- affettivo, che ha trovato la sua applicazione attraverso l’azione. Da qui deriva il metodo Glottodrama. In questo metodo, l’apprendimento linguistico viene inteso come un “saper fare”, adeguato al contesto e agli scopi della comunicazione verbale, piuttosto che di un “sapere” orientato principalmente verso le conoscenze grammaticali.

Si riprende anche il metodo Total Physical Response, dal momento che la memorizzazione delle conoscenze e di nozioni è favorita dall’associazione e dalla combinazione tra “gesto”, e quindi dall’attività fisica, e “parola”; in altre parole si unisce l’azione della mente e quella del corpo. Infatti una lingua la si apprende meglio se la totalità e la complessità della persona, compresa mente e corpo, viene coinvolta nell’attività didattica di apprendimento linguistico.

Pertanto scegliere il teatro come metodo di insegnamento linguistico presenta i suoi buoni motivi:

  • il teatro si rivolge a diversi stili di apprendimento; ognuno di noi apprende in maniera diversa, per questo il Theatre rappresenta una sorta di contenitore in cui ogni persona può trovare il proprio spazio di apprendimento;
  • il Theatre è altamente motivante, crea nei discenti entusiasmo e spirito d’iniziativa; questo è importante affinché l’insegnante, o meglio il regista in questo caso, sappia coinvolgere i discenti nell’attività teatrale, mantenendo vivo il loro interesse;
  • il Theatre permette inoltre di abbattere ed eliminare ogni tipo di barriera psicologia, dunque ridurre i filtri affettivi ed allo stesso tempo incrementare la fiducia in sé stessi. La paura di sbagliare o di essere derisi impedisce al discente un sereno apprendimento della lingua; salire su un palcoscenico, gli consente di vestire i panni di un’altra persona, il che significa che avrà una nuova identità, che donerà al discente naturalezza e spontaneità;
  • il Theatre favorisce anche la socializzazione tra discente ed insegnante e rappresenta una perfetta simulazione della realtà;
  • il Theatre esalta la creatività dei discenti, dando spazio alla loro fantasia; permette inoltre la memorizzazione di nuovi vocaboli e l’acquisizione di nuove strutture;
  • il Theatre permette di sviluppare le abilità linguistiche fondamentali: le abilità orali (parlare e comprendere), la comprensione scritta (lettura del copione ad esempio) o la scrittura (nel caso di una scrittura di un nuovo copione).

In seguito alle lezioni Glottodrama gli studenti:

  • hanno acquisito una maggiore libertà di espressione e maggior coraggio nell’esprimere le proprie opinioni e nel condividere sentimenti, impressioni, ecc.;
  • hanno capito che l’insegnamento può essere anche divertente;
  • hanno imparato a lavorare come gruppo e non individualmente.